SAN FLORIANO
Con l'editto di Costantino, dunque, cessò lo spargimento di sangue degli innocenti che, anche nella nostra città, avevano preferito subire il martirio piuttosto che sacrificare agli dei falsi e bugiardi. A detta del Grizio, molti erano stati i cristiani di Jesi che, a causa della loro fede, erano stati uccisi prima del febbraio del 313; fra quei martiri v'era stato — secondo la tradizione — anche San Floriano, il quale, con una pietra al collo, fu precipitato per commissione di Aquilino, presidente di Diocleziano, dal ponte del fiume. Intorno a questo santo la tradizione popolare ha imbastito una serie di leggende che ancor oggi vivono tra la nostra gente. «Floriano fu soldato e cavaliere, che più volte combatté per la fede di Cristo»: così il Grizio. Ma la leggenda lo ricorda piuttosto come agricoltore. Seguiamo quest'ultima strada.
Nativo di Cingoli, Floriano era un guardiano di greggi. Un giorno, per rispondere al richiamo divino manifestatosi sottoforma di una dolce eco di rintocchi, aveva lasciato il paese natio e con la sola compagnia di una coppia di candide giovenche, avute in dono dal padre, s'era messo in cammino. Seguendo il suggestivo richiamo delle campane, aveva disceso il corso dell'Esino fino al mare. Sulla spiaggia adriatica, con l'aiuto delle giovenche, aveva tratto a riva una cassa di marmo che galleggiava sulle acque e che conteneva il corpo di Ciriaco, il santo protettore di Ancona. Sempre stando alla leggenda, la spaccatura della Gola della Rossa sarebbe dovuta ad un miracolo operato da San Floriano con le sue invero eccezionali giovenche. Infatti, risalito il corso dell'Esino dal mare a Serra San Quirico, Floriano s'era trovato davanti la barriera invalicabile della catena appenninica. A questo punto era entrato in scena il demonio, che gli aveva fatto pressappoco questo discorso: «Mettiti al mio servizio ed io, con la mia potenza, taglierò in due la montagna per farti passare». Al che Floriano, fattosi il segno della croce ed aggiogato un grosso aratro alle due giovenche, aveva tracciato un solco tale da spaccare in due la montagna, aprendo così quel varco che passa oggi col nome di Gola della Rossa.
L'impresa di Floriano mandò in bestia il demonio, il quale sfidò allora il contadinotto cingolano ad una gara di velocità, dalla Gola della Rossa fino a Jesi: colui che sarebbe giunto per primo in città avrebbe fatto suonare a distesa le campane di tutte le torri jesine. Ma anche questa volta Floriano ebbe la meglio, perché non appena distanziato un po' il singolare concorrente, lo tenne a distanza con dei segni di croce tracciati di tanto in tanto a terra col suo bastone, cosa questa che obbligava il demonio a correre a zig-zag e quindi a perdere continuamente terreno. Floriano non solo giunse nettamente primo a Jesi, ma al suo arrivo fu accolto dal suono festoso delle campane della città che, miracolosamente, s'erano messe a suonare da sole. Il prodigio è ricordato ancor oggi in occasione della festa del santo, che si celebra il 4 maggio, con la vendita sul mercato jesino di piccole campanelle di terracotta: le «campanelle de San Fiora’», appunto.
Stabilitosi definitivamente a Jesi, Floriano condusse qui vita religiosa. II Grizio riferisce che spesso il santo «si riduceva ad orare» nella selva di Gangalìa (anticamente detta Angalea), la quale — precisa il Gianandrea — «si stendeva per lungo tratto nelle colline e nel piano a sud-est della città (una parte di essa o forse una selva più piccola, che le era propinqua, chiamavasi Boarda).
Floriano fu martirizzato, ancora giovanissimo, attorno all'anno 300. Come si è detto, il preside romano lo aveva condannato ad essere gettato nell'Esino con una pietra al collo. Si racconta che il boia non gli concesse neppure il tempo per le ultime preghiere, scaraventandolo subito dal ponte, ma la cosa gli costò la vista perché lo scellerato carnefice restò subito privo del lume degli occhi. A proposito della fine di San Floriano, altri vogliono che patisse morte in Lamagna presso Lauriaco, luogo vicino a Norimberga. Le reliquie di San Floriano saranno ritrovate ai primordi del XV secolo.
Nativo di Cingoli, Floriano era un guardiano di greggi. Un giorno, per rispondere al richiamo divino manifestatosi sottoforma di una dolce eco di rintocchi, aveva lasciato il paese natio e con la sola compagnia di una coppia di candide giovenche, avute in dono dal padre, s'era messo in cammino. Seguendo il suggestivo richiamo delle campane, aveva disceso il corso dell'Esino fino al mare. Sulla spiaggia adriatica, con l'aiuto delle giovenche, aveva tratto a riva una cassa di marmo che galleggiava sulle acque e che conteneva il corpo di Ciriaco, il santo protettore di Ancona. Sempre stando alla leggenda, la spaccatura della Gola della Rossa sarebbe dovuta ad un miracolo operato da San Floriano con le sue invero eccezionali giovenche. Infatti, risalito il corso dell'Esino dal mare a Serra San Quirico, Floriano s'era trovato davanti la barriera invalicabile della catena appenninica. A questo punto era entrato in scena il demonio, che gli aveva fatto pressappoco questo discorso: «Mettiti al mio servizio ed io, con la mia potenza, taglierò in due la montagna per farti passare». Al che Floriano, fattosi il segno della croce ed aggiogato un grosso aratro alle due giovenche, aveva tracciato un solco tale da spaccare in due la montagna, aprendo così quel varco che passa oggi col nome di Gola della Rossa.
L'impresa di Floriano mandò in bestia il demonio, il quale sfidò allora il contadinotto cingolano ad una gara di velocità, dalla Gola della Rossa fino a Jesi: colui che sarebbe giunto per primo in città avrebbe fatto suonare a distesa le campane di tutte le torri jesine. Ma anche questa volta Floriano ebbe la meglio, perché non appena distanziato un po' il singolare concorrente, lo tenne a distanza con dei segni di croce tracciati di tanto in tanto a terra col suo bastone, cosa questa che obbligava il demonio a correre a zig-zag e quindi a perdere continuamente terreno. Floriano non solo giunse nettamente primo a Jesi, ma al suo arrivo fu accolto dal suono festoso delle campane della città che, miracolosamente, s'erano messe a suonare da sole. Il prodigio è ricordato ancor oggi in occasione della festa del santo, che si celebra il 4 maggio, con la vendita sul mercato jesino di piccole campanelle di terracotta: le «campanelle de San Fiora’», appunto.
Stabilitosi definitivamente a Jesi, Floriano condusse qui vita religiosa. II Grizio riferisce che spesso il santo «si riduceva ad orare» nella selva di Gangalìa (anticamente detta Angalea), la quale — precisa il Gianandrea — «si stendeva per lungo tratto nelle colline e nel piano a sud-est della città (una parte di essa o forse una selva più piccola, che le era propinqua, chiamavasi Boarda).
Floriano fu martirizzato, ancora giovanissimo, attorno all'anno 300. Come si è detto, il preside romano lo aveva condannato ad essere gettato nell'Esino con una pietra al collo. Si racconta che il boia non gli concesse neppure il tempo per le ultime preghiere, scaraventandolo subito dal ponte, ma la cosa gli costò la vista perché lo scellerato carnefice restò subito privo del lume degli occhi. A proposito della fine di San Floriano, altri vogliono che patisse morte in Lamagna presso Lauriaco, luogo vicino a Norimberga. Le reliquie di San Floriano saranno ritrovate ai primordi del XV secolo.
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